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  • Immagine del redattoreIng. Alberto Scanziani

Sviluppo business B2B, quando giocare un ruolo attivo o passivo?



Tradizionalmente le aziende B2B adottano un ruolo attivo nello sviluppo del loro business: per ruolo attivo intendo l’attività commerciale abituale che ricerca e contatta, appunto attivamente, i potenziali clienti.


Le azioni chiave in questa tattica sono la segmentazione del mercato target, la ricerca dei prospects, la loro profilazione ed infine l’azione di contatto, spesso un mix tra attività telefonica ed email marketing.


Gli uffici commerciali hanno utilizzato ed utilizzano ancora oggi molto questo approccio; lo utilizzo anche io moltissimo.


vi sono settori in cui non riesco francamente a vedere alternative al ruolo attivo

Ad esempio nel settore dei beni strumentali, dell’impiantistica e dell’alta tecnologia questo approccio è irrinunciabile: infatti una profonda e continuativa relazione umana è la “conditio sine qua non” per la generazione della necessaria fiducia per porre le basi di grandi business.


Se ci guardiamo intorno però la scuola del ruolo passivo sta raccogliendo quantità sempre maggiori di adepti: per ruolo passivo intendo mettersi in vetrina - una vetrina digitale - ed attendere che si generi l’opportunità di business sulla base della ricercabilità e visibilità.


Sia ben chiara una cosa: tale ruolo va gestito con grande maestria e profonda conoscenza dei tools digitali.


I profili social con annessi e-commerce proprietario sono l’esempio più diffuso di ruolo passivo nello sviluppo business - specie per il B2C - ma non l’unico.


L’altro grande ambito sono le vetrine dei marketplace: non so dire se il volume di business da essi generato sia maggiore di quello social. Non mi meraviglierei però il loro trend di crescita sia oggi maggiore di quello social - sempre come volume d'affari - soprattutto nel B2B.


Se è vero che il ruolo attivo nel B2B va quasi sempre bene (fino poco tempo fa non aveva alternative), quello passivo va attentamente soppesato.


non tutti i prodotti sono adatti alla vendita nei social o nei marketplace

Vi sono prodotti che stanno ai due estremi, ad esempio componentistica standard ed impianti/macchinari/equipment personalizzati, per i quali è facile capire se scegliere un approccio commerciale attivo o passivo.


Ma vi sono prodotti in una “terra di mezzo” per i quali potrebbe essere rischioso sbilanciarsi fortemente su uno o l’altro ruolo; meglio detto, sbilanciarsi su quello passivo prendendo scorciatoie poco convenienti.


Prima di valutare l’investimento nell’approccio vetrina/passivo occorre valutare bene:


  • le peculiarità delle aree geografiche di destinazione dei prodotti

  • la cultura preponderante in tali aree

  • le abitudini e modalità di acquisto dei prodotti da parte dei buyer

  • il grado di difficoltà dell’approccio tradizionale attivo

  • la propria dimestichezza con gli strumenti digitali

  • le risorse - in primis umane - da dedicare al presidio dei canali digitali

  • le problematiche della logistica


Recentemente mi è capitato di dover gestire la sperimentazione di un approccio passivo in un ambito caratterizzato storicamente dal ruolo commerciale attivo, quale la subfornitura meccanica: ho toccato con mano come un profilo digitale aziendale non ottimale o un insufficiente presidio del marketplace corrispondente possono pesare sul ROI.


Sono favorevole alla sperimentazione di nuovi modelli di business, purchè vengano messi in atto non come tentativi ma creando il più possibile le condizioni ottimali per il successo di tale sperimentazione.

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