E' più complesso l'export B2B di un prodotto proprio o conto terzi?
- Ing. Alberto Scanziani
- 1 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 giorni fa
Per pura casualità mi trovo a svolgere un’attività di Temporary Export Manager per due aziende che si rivolgono allo stesso settore industriale - quello dei beni strumentali - e agli stessi mercati esteri. Peraltro affini anche nel tenore del fatturato.
Parliamo di Export B2B: l'una ha un prodotto con marchio proprio e l’altra è attiva nella classica subfornitura. Nella congiuntura attuale entrambe hanno qualche difficoltà rispetto agli anni precedenti e in questi casi è inevitabile fare qualche riflessione di ordine generale. Ecco perché parlo di “complessità” nel titolo del post.
Nel seguito mi soffermo sulle principali determinanti del successo dell’export, lasciando naturalmente da parte la variabile prezzo e la sua “compagna” concorrenza, che ritengo ovviamente onnipresenti e sempre critiche, salvo casi rarissimi e a me sconosciuti.
Le risorse commerciali interne
Per esperienza diretta gli OEM (chiamo così le aziende con prodotto proprio nel B2B industriale) hanno risorse commerciali dedicate ed una maggiore struttura commerciale interna; a volte hanno anche il marketing e comunque se ne prendono cura (fiere, eventi, materiale promozionale, cataloghi, siti web mediamente migliori, social, e.commerce etc).
Nella subfornitura mancano spesso i commerciali full-time, c’è molto passaparola (che vale normalmente solo per l’Italia, salvo incredibili eccezioni) e pertanto maggiori difficoltà all’atto di proporsi ai mercati esteri. Marketing assente.
Ciò non toglie che molte aziende della subfornitura vendono all’estero, grazie alle elevate competenze tecnologiche acquisite nel tempo e “facilitate” spesso dagli stessi clienti (è il caso dell’Automotive).
Risposta al quesito iniziale: è più difficile esportare un prodotto conto terzi.
Il canale di vendita
Nella subfornitura il contatto con il cliente è diretto e, tutto sommato, semplice (che non vuol dire facile): per questo motivo spesso non ci sono venditori puri ma project manager che gestiscono il cliente.
Arrivare ai commodity manager delle aziende clienti non è difficile ed il messaggio da trasmettere è semplice: si fa una lavorazione di cui il cliente ha certamente bisogno lungo la sua supply chain.
Le aziende della subfornitura vendono soluzioni e se la giocano in gran parte sulla bravura tecnologica. Non serve convincere più di tanto il cliente circa le caratteristiche o le funzionalità del proprio servizio: in altre parole non servono particolari approcci commerciali.
Per gli OEM valgono solitamente i canali di vendita misti, diretti ed indiretti: nel secondo caso vi è la complicazione del reperimento e della gestione degli intermediari. La gestione commerciale è più complessa, il che spiega la necessità di risorse interne dedicate. Solitamente il numero di clienti è maggiore ed anche le aree geografiche servite.
Risposta al quesito iniziale: esportare un prodotto a marchio proprio ha una maggiore complessità.
Il Branding
Qui si fa alla svelta: nella subfornitura disgraziatamente non esiste ma servirebbe moltissimo. Personalmente cerco di costruirlo sempre con i miei clienti della subfornitura.
Risposta al quesito iniziale: esportare un prodotto a marchio proprio ha una maggiore complessità semplicemente perchè il concetto di Brand è innato al prodotto più che al servizio (sempre salvo eccezioni).
Per gli OEM è semplice: senza Brand - e relativo investimento – non si va da nessuna parte.
Nella subfornitura non si può fare branding di prodotto (che è del cliente), al più si fa sul know how aziendale.
Il Service
Normalmente nella subfornitura non è richiesto il Service cioè non serve una presenza locale; essa è spesso indispensabile per gli OEM di beni industriali. Non si pone nemmeno il problema della ricambistica, semmai della sostituzione del prodotto difettoso.
Risposta al quesito iniziale: esportare un prodotto a marchio proprio ha una maggiore complessità anche sul piano organizzativo e del Service.
A conclusione mi verrebbe da dire che nella subfornitura il fatto di “essere bravi” è una leva molto più efficace e diretta che per gli OEM, dove il “gioco delle parti” solitamente associato al prodotto rende più complessa l’azione di vendita.
Per gioco delle parti intendo tutto il processo d'acquisto, ivi compresa l'attitudine e le prassi dei buyer: essi hanno anche aspettative e motivazioni differenti nei due casi.
Nel primo caso la “conditio sine qua non” è la bravura tecnologica, nel secondo è necessaria - in aggiunta - una gestione commerciale a 360° (espressione che detesto ma qui serve).
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